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  • 11 febbraio 2004 - Articolo per Avanti! della Domenica - Lista unitaria - Roberto Biscardini

    In diverse occasioni ho avuto modo di esprimere perplessità sulla “lista unitaria” per le europee. Scelta sopportabile se, come è stato dichiarato a Napoli, fosse “circoscritta” al momento elettorale del 13 giugno; poco chiara e contraddittoria se vuole essere qualcosa di più.
    Le interpretazioni su cosa sia effettivamente sono molte e, non a caso, gli stessi contraenti sostengano posizioni tra loro diverse e spesso incompatibili.
    C’è che spera che la lista possa diventare un partito riformista, forse anche socialista e socialdemocratico, ma è evidente che questa prospettiva è tassativamente esclusa da altri. Per alcuni è la prima tappa per la costruzione del nuovo Ulivo. Per altri è l’inizio del “partito di Prodi”, mentre Prodi rifiuta il termine riformista preferendo quello insignificante di “riformatore” e gira l’Europa per costituire nel Parlamento Europeo un gruppo parlamentare fuori e distinto da quello socialdemocratico. Non è la naturale conseguenza della proposta che il partito aveva indicato a Genova perché “la casa dei riformisti nella prospettiva del socialismo europeo” aveva come obiettivo finale quello di portare i riformisti nella casa socialista e non viceversa, tesi che oggi non si intravede più.
    Come si vede, la confusione non è poca. Se la logica elettorale e mediatica ha consigliato di promuovere per le europee una lista da contrapporre a Forza Italia, per giocarsi questo risultato alle politiche del 2006, la logica politica vorrebbe altri ragionamenti e nonostante sia reale la necessità di una ristrutturazione della sinistra questa non può nascere per via elettorale. Questo è il punto.
    Nel 2001 il centrosinistra ha perso non perché mancavano Di Pietro e Rifondazione (come si tende a semplificare oggi), ma perché è apparso con poca cultura di governo, senza proposte forti e convincenti per affrontare la crisi del Paese.
    Se il Polo ha intercettato voti e adesioni da settori sociali e popolari tradizionalmente di sinistra non è un caso e l’idea che per il 2006 il centrosinistra abbia già vinto e la lista unitaria con lui, è una pericolosa semplificazione.
    Insieme alla crisi del sistema produttivo, alla crisi del sistema finanziario (Cirio, Parmalat e dintorni), alla crisi del sistema sociale e previdenziale, con preoccupanti sintomi verso una crisi di rappresentanza delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, è evidente una crisi di classe dirigente dentro un bipolarismo che non garantisce per nessuno una efficace governabilità.
    Di questo bisognerebbe discutere e di questo i cittadini italiani vorrebbero che discutessero i partiti del centrosinistra. I cittadini sentono continuamente parlare di riformismo ma del riformismo non c’è traccia.
    Al punto in cui siamo, bisogna evitare per lo SDI due pericoli. Il primo: dopo anni nei quali abbiamo tentato di dimostrare come si può stare nell’Ulivo marcando le nostre differenze, oggi dobbiamo evitare che questa cosiddetta lista o nuovo Ulivo rappresenti l’omologazione al moderatismo, al conservatorismo di sinistra, senza la possibilità di caratterizzarci, anche in modo radicale, su nostre autonome proposte.

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