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  • 17 luglio 2002 - Roberto Biscardini - Note sulla ”Forma di Governo”, presentate alla Commissione Speciale Statuto della Regione Lombardia

    Roberto Biscardini - Note sulla “Forma di governo”, presentate alla Commissione speciale Statuto della Regione Lombardia
    1. Sembra di capire soprattutto dalla stampa che sia nella Casa delle libertà sia nel centrosinistra ci sarebbe una tendenza a dire che “L’elezione diretta del Presidente della Regione non si tocca” e in qualche modo a far discendere la questione della “Forma di governo” dal sistema elettorale già in vigore per l’elezione del Presidente della Giunta.
    Alcuni di coloro che sostengono questa posizione collegano l’elezione diretta del Presidente con l’ipotesi di una forma di governo di tipo presidenziale. Altri sostengono la stessa tesi per tenersi quel che conosciamo già (nella sommatoria tra la legge elettorale del ’95 e la modifica costituzionale della legge 1/’99). Altri ancora sostengono la stessa tesi nella prospettiva di un cosiddetto “presidenzialismo temperato”, nell’ipotesi quindi di continuare ad eleggere direttamente il Presidente ma riducendogli i poteri per rafforzare quello dei Consigli.
    La sintesi di queste posizioni starebbe comunque nel fatto che la maggioranza delle forze politiche, al di là della forma di governo (sulla quale praticamente non si discute), non se la sentirebbero di toccare l’elezione diretta dei Presidenti, per non scontrarsi con un’opinione pubblica che si pensa soddisfatta di avere un potere in più.
    2. Chi difende oggi l’elezione diretta dei Presidenti delle giunte regionali non deve sottovalutare che a questa decisione da noi si è arrivati per gradi, in un particolare momento della vita politica italiana e non dopo un dibattito approfondito sull’istituto regionale. Alla elezione diretta dei Presidenti si è arrivati per sostanziale imitazione dell’elezione diretta dei Sindaci e dei Presidenti delle Province.
    Non a caso anche il sistema elettorale dei Consigli regionali del 1995, con gli annessi e mostruosi premi di maggioranza, non si discosta molto dal sistema elettorale dei Comuni. Lo stesso si potrebbe dire sul modello istituzionale trasportato in Costituzione per le Regioni ad imitazione di quello introdotto precedentemente per Comuni e Province. Da ciò si può dedurre che le riforme elettorali ed istituzionali che hanno coinvolto nell’ultimo decennio le Regioni, (nella logica di trasformarle in grandi Comuni) potrebbero avere umiliato il loro ruolo politico e legislativo piuttosto che esaltarlo.
    3. Sulla base di queste prime due considerazioni sarebbe necessario contrapporre al bizantinismo politico e al bizantinismo elettorale, che oggi regola la vita delle Regioni italiane, l’esigenza politica che la Regione Lombardia si assuma il coraggio di scegliere un’opzione chiara decidendo la forma di governo indipendentemente dalle suggestioni di carattere elettorale.
    4. Sempre dalla stampa si coglie come il dibattito sulla forma di governo sia viziato anche dall’esigenza, pur sacrosanta e unanimemente riconosciuta, di superare il tema del “Simul stabunt, simul cadent”, ritenuto un’assurdità dal nuovo testo costituzionale da qualunque punto di vista lo si guardi. Ma anche una mostruosità di questo nostrano modello cosiddetto neoparlamentare (neppure in Israele che è l’unico paese al mondo ad avere una forma di governo simile si applica con tanta rigidità la regola “Simul stabunt, simul cadent”).
    5. La recente sentenza 304 della Corte costituzionale, che soprattutto nella sua ultima parte, totalmente centralista non è condivisibile, ci obbliga però a prendere atto che o ci teniamo sostanzialmente quel che c’è, compreso la regola “Simul stabunt, simul cadent”, oppure si opera una “diversa scelta in ordine alla forma di governo”.
    Al di là del giudizio politico sull’opportunità che sia la Corte ad entrare nel merito di ciò che è veramente “diverso”, questa sentenza sembra non lasciare margine, e cioè: solo una forma di governo veramente diversa da quella neoparlamentare prevista dal testo costituzionale può farci superare il “Simul stabunt, simul cadent”.
    Di fronte a tanta chiarezza, la Corte non sembra lasciare che due alternative: o una forma di governo parlamentare, senza elezione diretta del Presidente, o una forma presidenziale nella quale non è prevista mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta eletto direttamente (svuotando con ciò il 3° comma dell’art.126 const.)
    6. Inaspettatamente questa sentenza della Corte rafforza le convinzioni politiche di chi come me sostiene l’esigenza di una scelta chiara così sintetizzabile:
    - la Regione Lombardia per il peso che ha deve avere il coraggio di scegliere una forma di governo fuori dai bizantinismi, dalle soluzioni pasticciate, dai presidenzialismi temperati e da sperimentazioni di diverso genere;
    - una scelta chiara è possibile solo tra due sistemi, quello cosiddetto presidenziale puro all’americana con assoluta separazione dei ruoli e delle competenze tra potere esecutivo e potere legislativo e il sistema parlamentare, nella sua espressione più forte, simile a quello tedesco, che si concretizza nella figura altrettanto forte di cancelleriato senza elezione diretta.
    7. In via pratica riconfermo quanto detto nella seduta del 21 novembre 2001 esprimendomi a favore del sistema parlamentare di tipo tedesco, rafforzato, con sistema elettorale proporzionale e relativi correttivi e con la fiducia costruttiva (tutti possibili garanti di governabilità e stabilità). Sistema parlamentare non per una scelta ideologica, ma solo perché il presidenzilaismo all’americana in Lombardia ha una controindicazione rispetto a un modello federalista o autonomista che vorremmo realizzare, di cui si è già discusso in Commissione, che punta al riconoscimento e alla valorizzazione di tutte le autonomie locali, alle quali in ragione dell’articolo 118 nuovo testo della Costituzione sono attribuite le funzioni amministrative.
    Un sistema presidenziale come quello americano senza poteri legislativi, con un organo monocratico forte soprattutto nell’amministrazione e nell’attività dell’esecutivo, entrerà in conflitto necessariamente con gli enti locali e tenterà inevitabilmente di costruire la sua forza comprimendo quella delle Province e dei Comuni. Per questa ragione fondamentale quindi e non per altro il sistema parlamentare rafforzato alla tedesca si addice meglio alla realtà del federalismo lombardo che non quello presidenziale.
    Contemporaneamente un sistema parlamentare forte può restituire ai cittadini in democrazia e in governo molto di più di quanto non sia dato loro attraverso la sola elezione diretta di un Presidente debole.
    In altre parole un cancellierato forte non eletto direttamente può essere oggettivamente più forte di un Presidente debole eletto direttamente. E i cittadini non sono stupidi.

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